Quando vedi 80mila persone scatenarsi insieme su Sunny Day, Born in
The Usa, The Rising e Dancing in the dark, intuisci, anche se non sei
un genio, perchè Bruce abbia deciso di imbarcarsi nel quinto tour
consecutivo praticamente uguale ai precedenti (li ricordo; Magic,
Working on a Dream, Wrecking Ball e High Hopes), e questa volta senza
nemmeno un disco nuovo da proporre. E' successo nei due show,
straripanti come sempre, del Croke Park di Dublino gli scorsi 27 e 29
maggio. C'è poco da fare, i seguaci “duri e puri” che lo
vorrebbero indirizzato verso qualcosa di più intimo, più aderente
all'anagrafe e magari più di culto, devono arrendersi alla superstar
internazionale, che a 66 anni ancora riempie gli stadi di tutto il
mondo moltiplicando di volta in volta i suoi nuovi fan, sia pure
occasionali. E in tempi di crisi in cui dischi - colpa anche della
tecnologia - non ne vende più nessuno e in cui lo show dal vivo
tiene in piedi l'intero business musicale, cosa si può sperare? E'
uno dei pochissimi che ancora può fare incassare milioni a staff,
organizzatori, città in cui suona e persino qualche spicciolo alla
tribute band che si esibisce nella stamberga fuori dallo stadio, e
allora come fermare una macchina così redditizia? In più si diverte
ancora, non è diventato una macchietta come altri, rimane saldo e
degno sul trono del rock e sfodera scalette sempre diverse e sempre
più lunghe, con una E Street ancora in perfetta forma. Quindi non
resta che arrendersi, e goderselo l'ennesima volta nella versione
mainstream. Anche perchè, ammettiamolo, in uno stadio da 80mila
persone i seguaci raffinati e colti, quelli che hanno il libretto dei
testi Arcana consumato e sottolineato a casa, quelli che c'erano a
Zurigo '81 nel vero tour di The River, quelli che erano abbonati a
Follow that Dream di Ermanno Labianca e ne conservano le copie in una
teca di castagno, o aspettavano l'uscita mensile del Mucchio
Selvaggio come l'arrivo del messia, quelli che hanno fatto chilometri
in tutto il mondo non solo per vedere lui, ma anche per vedere suoi
amici a cui lui ha scritto mezza strofa, quelli che se non entrano
nel Pit sentono le convulsioni per tutto lo show, quanti sono? Il
10%? Forse, se va bene. Il concerto nello stadio è fatto per gli
altri, per quelli che manco sanno i titoli, per le belle ragazze in
reggiseno a bandiera americana sulle spalle del pirla di turno, per i
genitori che sognano di vedere il proprio pargolo cantare Sunny Day
con lui, per quelli che vogliono poter dire di averlo visto una
volta, per quelli che vanno serenamente sugli spalti e durante la
prima ballata escono a pisciare perchè si annoiano. Ed è già tanto
che lui li accontenti solo per una parte dello show, impreziosendolo
comunque sempre di cose assolute. E anche se a noi stanno follemente
sulle palle perchè siamo gelosi come coala in calore di lui,
dobbiamo abbozzare.
Certo avevo facilmente
pronosticato in gennaio che la proposta di tutto The River dal vivo
sarebbe scomparsa all'ingresso negli stadi, e questo è avvenuto.
Impossibile una sequenza di ballate del genere davanti ad almeno
70mila persone che l'unico Bruce di cui hanno minimamente sentito
parlare è quello con la bandana in testa che canta l'orgoglio
americano... Purtroppo però il fare tutto quell'album a celebrazione
del cofanetto era l'unica mossa che poteva giustificare l'intero
tour, come accaduto in Usa. In questo modo invece, appare
semplicemente un tour greatest hits, in cui anche il progetto The
Ties that Bind è già stato dimenticato. E di cui, lo dico a
malincuore, si poteva fare a meno. A beneficio magari di qualcosa di
nuovo.
Detto questo, appare
ormai inutile commentare gli spettacoli, da Roulette a Back in your
Arms a Lost in the Flood fino a Incident o Point Blank - per citarne
solo alcune delle memorabili proposte nelle due serate irlandesi - è
stato come sempre superbo. Addirittura ci si è chiesti cosa si sia
portato in giro a fare tutti quei fiati e quei cori nei passaggi
precedenti, dato che con la E Street al naturale non si sente
minimamente la differenza. Certo c'è meno soul, ma alla fine non ce
n'era molto nemmeno nel 2013. Resto scettico sul nipotino d'arte
Jake, che non sarà mai Clarence nonostante il grande impegno, ma per
il resto siamo sempre alla pura magia. E la voce del Boss sembra
essere invulnerabile al passaggio degli anni.
Annoto, a margine, che i
prezzi dei biglietti sono cresciuti a dismisura rispetto al 2013. E'
ovvio che col moltiplicarsi delle richieste, soprattutto per il
prato, crescono i prezzi. Che sono comunque eccessivi per un
concerto, nonostante tutte le star internazionali ormai veleggino su
quelle cifre, se non oltre. Forse però Bruce, paladino dei perdenti
che annulla uno show in North Carolina per i sacrosanti diritti gay,
potrebbe metterci una parola per arrivare ad un tetto massimo.
Segnalo che va allargandosi a macchia d'olio anche in Europa (ma
all'Italia rimane il primato incontrastato, per San Siro dovrei
andare a piazzare una tenda domani e mettermi in aspettativa dal
lavoro) la follia delle code per accedere al Pit, con appelli e
distribuzione numeri che ormai iniziano due o tre o quattro giorni
prima del concerto. E' tutto frutto dell'isteria collettiva e della
moltiplicazione dei fan ad ogni tornata. Se ogni fan si vuole portare
nel Pit morosa, cugino, zio e nipote dentista del cugino di sua
nonna... La cosa certa a mio avviso è che sarebbe più opportuno
imitare Svizzera o Germania, dove il biglietto Pit te lo compri
pagandolo di più, e il giorno del concerto ti puoi godere la città
invece che stare a bivaccare intorno a uno stadio. Ma sono solo
pensieri miei, ovviamente.
Tutte queste
considerazioni però non possono discostarci dalla domanda
successiva. Nonostante il tour sia solo all'inizio e l'uragano debba
ancora abbattersi su Milano (facile prevedere i due concerti più
lunghi ed epici di sempre); quale sarà il passo successivo? Perchè
pur facendo pace con tutte le precedenti scusanti, adesso è ora che
un artista dello spessore e del livello di Bruce Springsteen regali
un'altra volta qualcosa di immortale. E non parlo necessariamente di
un disco acustico con conseguente tour teatrale, cose che peraltro ha
già avuto il coraggio di proporre in passato. Di strade ce ne sono
tante e persino un disco rock scarno e asciutto suonato dalla sola E
Street (senza nemmeno il violino di Soozie e i coretti di Patti) e
portato solo nei palazzetti potrebbe essere una di quelle. Per non
parlare di una formazione minore, del disco gospel di cui si dice da
tempo o della possibilità soul che la performance vocale definitiva
sfoderata su Back in your Arms al Croke Park mi ha caldamente
suggerito... Chissà quale sarà la mossa dopo la fine del giro ad
agosto in America. Perchè la cosa certa è che l'album ci sarà,
forse già entro la fine dell'anno, e il tour successivo pure. E dopo
cinque tour sostanzialmente uguali, è tempo di spiazzare tutti. A 67
anni è il momento di fare qualcosa che rimanga nella storia. Parlo
ad esempio di quello che l'ultima volta fece 10 anni fa con il folk
della Seeger Sessions Band. Con buona pace della tettona col
reggiseno a stelle e strisce. Perchè adesso noi, che abbiamo
consumato vagoni di All Stars per corrergli appresso, ce lo
meritiamo.
Ci vediamo a San Siro.
Analisi lucida e condivisa al 100%. Questo giro l'ho saltato volutamente ma non mi va di criticare l'operato di Bruce e del suo staff. Spero solo che le prossime mosse come ben tu dici abbiano un qualcosa in più a prescindere che siano di impronta Soul o Gospel (secondo me tra quelli della sua generazione Bruce è la voce più soulful) o Americana o Countryoriented. Armando Chiechi
RispondiEliminaE'finito da tempo
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